Diciamoci la verità: i tennisti moderni sono noiosi. Molti lo sono anche con la racchetta in mano; figuriamoci con un microfono davanti alla bocca.
A detta di tanti osservatori, il nostro Jannik Sinner è un perfetto esemplare della specie: mai una reazione scomposta, mai una parola fuori posto, una frase ambigua, un’allusione maliziosa. Zero. Questione di carattere, senza dubbio, ma anche di una certa “arte” di rispondere alle domande, assimilata e perfezionata a tavolino, rifinita con cura e controllata con mestiere, intervista dopo intervista, come se si trattasse di migliorare il dritto o il rovescio. È una forma mentis, la sua, una procedura che applica a tutto ciò di cui deve occuparsi.
Basta ascoltarlo: le sue dichiarazioni seguono uno schema fisso, un pattern che viene riproposto in maniera quasi identica da uno stadio all’altro, da una parte all’altra del pianeta, al limite con qualche trascurabile variazione, ma sempre con l’obiettivo di non dare nell’occhio e di evitare scivoloni che, nell’era dei social, rischierebbe di dover pagare a caro prezzo. A lui, fondamentalmente, interessa solo giocare a tennis, di (quasi) tutto il resto non gliene frega una mazza. E si vede.
Logico, quindi, che le poche personalità un po’ più eccentriche e sopra le righe come un Medvedev o un Bublik - tanto per fare due esempi - si facciano notare di più e finiscano per suscitare la simpatia dei tifosi proprio grazie alla loro imprevedibilità, anche fuori dal campo. Il tennis, d’altronde, e soprattutto i giornalisti, hanno bisogno di loro per mettere un po’ di pepe nella minestra.
Ma a tutto c’è un limite. E questo limite ha un nome e un cognome: Nick Kyrgios.
Rosicare humanum est
Che il giocatore australiano disponga di un talento tennistico unico nel suo genere è sotto gli occhi di tutti. Possiede uno dei migliori servizi del circuito - una rara commistione di potenza e precisione -, è un atleta completo, fisicamente impetuoso, intelligente, funambolico e proprio come uno degli idoli del momento, Carlos Alcaraz, vive le sue partite in osmosi con il pubblico, sicuramente anche a causa di uno spiccato narcisismo. Vuole dare spettacolo, vuole essere amato, osannato, venerato. Più di tutti gli altri.
Kyrgios però ha anche un lato oscuro che probabilmente gli è costato la carriera, un demone in grado di far precipitare le sue prestazioni sportive in un abisso di imbarazzo. Gli esempi in campo abbondano. Se dovessi scegliere, pescherei dal mazzo l’ottavo di finale contro Sinner a Miami (2022) in cui se la prende (per ore?) con il povero Carlos Bernardes, di certo non il miglior arbitro del circuito (appena andato in pensione), ma comunque un bonaccione. Quello di Kyrgios è un delirio ossessivo-compulsivo del quale non riesce a sbarazzarsi e il cui risultato è quello di tenere in ostaggio pubblico e avversari dall’inizio alla fine della partita. Ricordo abbastanza bene anche un terzo turno a Wimbledon (sempre nel 2022) contro Stefanos Tsitsipas. Il greco sarà pure un pallone gonfiato, ma non so come abbia fatto a trattenersi per non alzargli le mani addosso, limitandosi a cercare di prenderlo a pallate. Vedere per credere.
Di certo non sono mancati i momenti esaltanti e tremendamente divertenti nella sua carriera - penso a quella partita a Washington (2022), quando sul match point chiese a uno spettatore dove servire -, ma le crisi di nervi, l’umiliazione degli avversari, le racchette fracassate a terra, a mio avviso, hanno oscurato il suo (bel) tennis.
Kyrgios litiga con tutti: con i colleghi, con gli arbitri, con il pubblico (quando gli è ostile) e perfino con il proprio box. L’ho visto spesso cominciare a sbraitare dopo il primo punto della partita. Non so che problemi abbia, ma temo che l’australiano sappia, in cuor suo, di aver gettato una carriera potenzialmente gloriosa nel cesso a causa della sua pigrizia, della sua fragilità mentale e della sua incapacità di rinunciare agli eccessi nella vita privata, di cui invece si fa vanto. C’è chi come quell’altro pazzo di Bublik è in grado di assumersi pienamente per quello che è e chi no. Kyrgios no.
Dall’altra parte della rete c’è Jannik Sinner, che è il suo esatto opposto. Un atleta sicuramente dotato di un talento naturale, ma che fonda la sua forza sullo spirito di sacrificio, sulla costanza, sulla meticolosità e che grazie a queste qualità sta capitalizzando al meglio il suo potenziale: a ventiquattro anni è già numero uno del mondo da un bel pezzo, ha vinto due Slam e probabilmente siamo solo all’inizio di una carriera che rischia di passare agli annali; Kyrgios di anni ne ha ventinove, non è mai entrato in top 10 (il suo best ranking è il 13esimo posto raggiunto nel lontano 2016) e il suo miglior risultato è stata una finale a Wimbledon (2022) persa - ovviamente - contro Novak Djokovic. La sua carriera non è finita, ma ha già parecchie grane al livello fisico, in particolare al polso, tant’è che è fermo da due anni. Difficile che possa avere l’occasione di arricchire il suo palmarès in maniera significativa o di compiere imprese leggendarie che non sia riuscito a compiere fino ad oggi.
Come se questo scarto di risultati non fosse già abbastanza umiliante, Sinner si è pure messo con l’ex ragazza di Kyrgios, la bellissima (e discretamente brava) tennista russa Anna Kalinskaya. Non sorprende che Nick abbia colto al volo il pretesto della doppia positività di Sinner al Clostebol per sfogare la sua frustrazione. Ci sta. Ma di pretesto si tratta, attenzione. Nonché di puro esibizionismo, di gusto della provocazione fine a se stessa da parte di un atleta che da due anni invece di muovere le gambe e la racchetta muove solo la lingua.
Più che una (ipocrita) battaglia per uno sport più pulito o una (altrettanto ipocrita) crociata in difesa dei professionisti meno “potenti” rispetto ai top player - e per questo potenzialmente vittime di un eventuale doppiopesismo giudiziario -, il suo è diventato un esercizio di diffamazione colpevolmente lasciato impunito.
Circo (mediatico) cerca clown
Il vero problema è che Kyrgios non è solo un (ex?) tennista, ma è anche un influencer, un uomo di comunicazione. È commentatore tv (Eurosport, Espn etc… ) ed è molto seguito sui social - le sue dichiarazioni sono costantemente riprese dai media, che bagnano volentieri il pane nelle sue incessanti provocazioni. Ciò significa che la sua malattia mentale, la sua patologia maniaco-ossessiva trova libero sfogo - se non una vera e propria cassa di risonanza - nel discorso pubblico, fino a raggiungere vette paradossali, come l’annuncio di voler trasformare lo stadio in una bolgia infernale contro Sinner nel caso di una sfida ai prossimi Australian Open o l’attacco - poi ritirato - al figlio di Hewitt per il semplice fatto che si è allenato con il campione italiano. Solo un ragazzo corretto fino all’inverosimile come l’altoatesino potrebbe trattenersi dal reagire in maniera decisa e non solo con un innocuo unfollow su Instagram.
A mio avviso è scandaloso che le autorità, qualunque esse siano, non muovano un dito, perché uno stalking di questo tipo può davvero condizionare pesantemente le prestazioni dell’atleta che ne è vittima. E questo non è giusto, è antisportivo, non dovrebbe essere permesso, soprattutto se le accuse sono infondate. Perché ricordiamolo, pur ammettendo che Sinner abbia avuto una minima responsabilità nel processo di contaminazione, la quantità di sostanza proibita ritrovata nel suo sangue è talmente infinitesimale da non poter in nessun modo influenzare il rendimento sportivo del numero uno al mondo. Nessuno ha la certezza di come siano andate realmente le cose, ma al momento definire Sinner “dopato” è falso e diffamatorio.
Se Kyrgios non fosse un malato di mente - cosa che io penso da un pezzo -, sarebbe un personaggio spregevole. A titolo personale, lo ritengo un uomo ripugnante, anche fisicamente: il modo in cui si veste, con quelle canotte oscene da giocatore di basket, il modo in cui cammina, i tatuaggi, l’accento incomprensibile, il taglio di capelli - o meglio, di quei pochi che gli sono rimasti. Tant’è che mi chiedo come abbiano potuto due tipe come la Tomljanović (già ex di Berrettini) e la Kalinskaya - ma anche la sua attuale compagna Costeen Hatzi - a mettersi con un individuo del genere. Io gli starei alla larga. Anzi, credo che tutti debbano stargli alla larga; che vada isolato e lasciato solo, in compagnia dei suoi deliri. Ma purtroppo non è così.
La decisione di Novak Djokovic di giocare il doppio con lui a Brisbane in questo inizio di stagione mi ha molto contrariato, perché al di là della famosa promessa tra i due di voler giocare insieme - ok, il serbo è un uomo di parola, lo sappiamo - Novak è anche un uomo molto intelligente e sa che sta lanciando un messaggio; che quella collaborazione ha il sapore dell’endorsement. Anche le sue ultime dichiarazioni un po’ ambigue sul caso doping sembrano fatte apposta per mettere la pulce al naso, come a dire: sto dalla parte di Nick, anch’io sono contro quel sistema che mi ha impedito di giocare in quanto non vaccinato e che ora vuole proteggere i fighetti che sono al vertice della classifica (non solo Sinner, ma anche la polacca Iga Swiatek, finita a sua volta nella bufera lo scorso anno per un controllo positivo). Mi viene da pensare che Djokovic sia consapevole che ormai sarà difficile anche per lui battere Sinner - l’ombra del ritiro, nonostante tutto, incombe - e che quindi cerchi di giocarsela anche su questi “piccoli” dettagli psicologici.
Il serbo non ha più niente da perdere. Con la vittoria della medaglia olimpica ha “completato il tennis”, come dicono i suoi seguaci, ed era diventato già da tempo il tennista più vincente della storia. Come già dichiarato, lui ormai se ne frega di quasi tutti i tornei, si impegnerà solo negli Slam. E si vede che ha l’atteggiamento di chi non deve dimostrare più niente a nessuno. Ormai vuole solo divertirsi e - se possibile - portare scompiglio, indispettire, fare gli scherzi - come direbbe il Bertinotti di Guzzanti -, così da riuscire, magari, a racimolare qualche altro trofeo e battere qualche altro record.
A me lo spettacolo del doppio con Kyrgios - con le faccine, le risatine e i balletti - non è piaciuto. Ok, lo show c’è stato, ma perché bisogna prendere per il culo gli avversari? Sinceramente sono contento che siano stati spazzati via quasi subito, al secondo turno, e che entrambi siano stati eliminati anche in singolare. Che sia di buon auspicio per il nuovo anno: più tennis, meno buffoni.
Scrivo una sola parola:
FINALMENTE!
Grazie per aver avuto questa idea, grandiosa.
Mi fregio di scrivere il primo commento, proprio io che manco conosco le regole del tennis ma amo leggerti!